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Alpha 350 (In ricordo di mio padre) Stampa E-mail
Scritto da Paolo Maggienga   
lunedì 16 maggio 2011

ALPHA 350 - IN RICORDO DI MIO PADRE

 

 

 

I ricordi che ho di mio padre sono molti. Credo sia normale, anche se ho l’impressione che si siano moltiplicati ora che lui non c’è più. Anche i ricordi che ho del windsurf sono molti. Era il 1980 quando, seduto in spiaggia a Ischia, osservavo incantato per la prima volta dal vero una tavola planare. Avevo 12 anni. Mio papà era una persona schiva e taciturna; difficilmente, però, gli sfuggiva qualcosa. “Vuoi provare?” Non credevo alle mie orecchie! Certo che voglio provare! Camminiamo sulla spiaggia, fino al bar che un ragazzone tedesco aveva eletto ad ufficio per la sua improvvisatissima scuola di windusurf. Qualche tavola Hi-Fly, qualche vela, neanche una parola di italiano. Mio papà paga e mi lascia nelle mani del tedesco. “E alòra….mhhh….e alòra mhhhh”. Nei vari “mhhh” era contenuto tutto il corso base. L’istruttore (si fa per dire) li pronunciava mimando i vari movimenti in spiaggia. Un’ora dopo ero in acqua. Mio padre osservava attento dalla spiaggia, per niente affascinato dallo sport. Semplicemente controllava che non mi accadesse nulla di male. L’anno dopo, in un parcheggio di Verbania, faticosamente carichiamo sul tetto dell’auto di mio padre un Bic lungo più di quattro metri e pesante come un Laser 4000, gentilmente prestato da uno zio benefattore. Mio padre osservava in silenzio. Era la prima volta, dopo tanti anni, che gli toccava smontare i portasci dalle barre. Neanche il viaggio fino all’Elba gli garbava troppo, non sopportava il caldo. Per me, surfisticamente, è l’anno della svolta. Con il Bic ho imparato (credevo di aver imparato) tutto. Vado, torno, viro, strambo. Faccio anche la garetta del villaggio e arrivo secondo. Su cinque partecipanti, intendiamoci. Per me però è un successo. Sono gli anni in cui un windsurf in spiaggia attira le folle curiose e il proprietario si bea della propria maschia superiorità rispetto alla razza fannullona degli inetti da sdraio. Trascorre un altro anno. I ricordi mi riportano in un negozio di windsurf, il Cocoa di Como, gestito dal mitico Alfredo. Insieme alla promozione scolastica arriva la promessa di una tavola tutta mia. Pur nei mie sogni più belli, la mia massima aspirazione era un usato tenuto bene. Alfredo invece mi mostra un’Alpha 350 nuovo fiammante, tre metri e mezzo di meraviglia, munita di straps, con una vela coloratissima e semi steccata. E’ l’assoluto, il futuro, l’inimmaginabile. La trattativa è breve, mio papà non era uno che amava tirare le cose per le lunghe. Cinque minuti ed esco confuso e felice. Mio papà ride sotto i baffi che non ha. In cuor suo credo abbia pensato che buttar tanti soldi per un inutile pezzo di plastica fosse quasi un delitto, ma i figli sono pezzi di cuore. E poi le estati in Sardegna, a Porto Pollo. Un sole che spaccava le pietre. Mio papà se ne stava in casa fino alle cinque, aspettando che la canicola perdesse smalto e lasciasse il posto alle piacevolissime serate isolane. L’appartamentino che affittavamo aveva due porte. Lui le apriva entrambe, per far aria corrente, si sedeva su una poltroncina e leggeva Quattroruote. Giusto per far qualcosa, perché le auto non gli son mai piaciute. Di Quattroruote però non se ne perdeva uno. Forse mi sbaglio, le auto gli piacevano ma aveva troppo rispetto del denaro per sperperarlo. Io passavo la vita in acqua. Col vento, senza il vento. Una fatica colossale, una soddisfazione più colossale della fatica. Un giorno arriva il maestrale, quello giusto. Trentacinque nodi. I bravi se la godono, io soffro come un cane con la vela dell’Alpha. Sei metri (forse), un paio di stecchette, il boma fissato con la scotta. Un gigante manovrato da un ragazzino smilzo e insicuro. Mio papà stranamente è in spiaggia, c’è vento e il caldo è sopportabile. Rientro a pezzi, sia fisicamente che moralmente. Mi guarda e mi dice: “ci vuole una vela più piccola”. Mi accompagna alla scuola di windsurf e dopo pochi minuti sono il felice proprietario di una vela più piccola. Quanto più piccola non è dato sapere, è usata ma funziona benissimo. C’è scritto “Selsun Blu” a caratteri cubitali. Bello far pubblicità ad uno shampoo tre anni prima di diventar calvo.E poi sono diventato grande, le vacanze le ho passate senza la famiglia, sono diventato uno di quelli che con trentacinque nodi se la godono. Credo che mio papà non mi abbia più visto salire su una tavola, ma non è importante. A lui bastavano le sciate d’inverno, io lui e mio fratello, sulle piste di St. Moritz. Lì era a casa sua, nel suo ambiente naturale. Ogni tanto, mentre sciava felice, cantava, incredibile per uno come lui. Lasciava che le estati scorressero tranquille e aspettava l’inverno come una manna dal cielo. Gli raccontavo dei miei viaggi, delle mie surfate, di Maui e delle gare. Lui ascoltava in silenzio, quasi pazientemente, parole che non gli suscitavano alcun desiderio. Dove non c’è neve, non c’è divertimento. Intanto continuava a leggere il suo Quattroruote, casomai gli fosse venuto in mente di sostituire l’utilitaria con cui ha circolato per dodici anni, finché la salute glielo ha permesso. L’ultimo bel ricordo che ho di lui è un sorriso, il venerdì di Pasqua. Se davvero c’è qualcosa oltre la vita, se qualcuno gli ha permesso di scegliere, ora è a St. Moritz.

 
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Webcam Prà


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