Jeri 2019 Stage wave con Gigi le Carrò

 

Ogni viaggio con Gigi e con i Not Normal Surfers è sempre un evento unico e speciale, anche nel 2019 ci riproviamo con la formula della serietà del corso e del divertimento in acqua e fuori!

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Strambata Pauer

PARTE 1: chi ben comincia...

 ...finisce in acqua imprecando! Ovviamente sto scherzando, ma con la power c’è in effetti ben poco da ridere: pur essendo una manovra "base", non fatevi trarre in inganno. E’ una manovra complessa che spesso persino i pro sbagliano e che richiede tecnica, potenza e concentrazione per essere eseguita con disinvoltura e, perché no, una certa "classe".
Si vedono infatti moltissimi windsurfisti che in un certo senso "strambano" (nel senso che cambiano di mure) ma ben pochi che eseguono una strambata in velocità chiusa in planata. Questi pochi sono l’invidia di tutti gli altri, perché per certi versi vedere una power chiusa perfettamente dà un appagamento estetico pari o superiore ad altre più esoteriche manovre.
E non dico tutto questo per riempire qualche riga: solo infatti ricercando la fluidità del gesto arriverete ad una bella power ed ogni volta che ci proverete questo deve essere il vostro primo e più importante obbiettivo. Ogni interruzione della sequenza inficia irrimediabilmente il risultato finale, con effetti diversi ad ogni stadio della manovra ma con la stessa conseguenza: strambata si, ma addio "power".
Ma partiamo dall’inizio: quelli che seguono sono concetti che durante l’apprendimento dovete sempre aver stampati in testa.
1)      La power è una manovra che va eseguita in velocità. Niente velocità, niente power.
2)      La power è una manovra che si esegue con la tavola. La vela è un di più che va gestito e sfruttato.
3)      Il materiale è importante ma non fondamentale: chi stramba bene, stramba con qualunque cosa, dal formula al wave 60 litri. Non date mai la colpa alla tavola e men che meno alla vela né fatevi convincere che la tavola del cugino del vostro amico cambierà le sorti della vostra manovra. Sono tutte palle.
Mi soffermo un istante su quest’ultimo punto: si dà per scontato che il vostro materiale sia adeguato al vostro livello. Cioè, se la tavola che avete comprato già vi mette in difficoltà sotto altri aspetti, di certo non è la tavola giusta per imparare la power. Se invece sulla vostra tavola siete perfettamente a vostro agio (che vuol dire: planata in assetto perfetta, virata senza problemi e quant’altro), non avete bisogno di materiali diversi.
Diverso il discorso della vela: torniamo al punto 1, velocità. E’ inutile usare vele piccole perché "sono maneggevoli" se non vi permettono di planare con continuità e senza bisogno di numeri da circo per prendere o mantenere la planata. Far girare una 5 o una 10 è la stessa cosa se la tecnica è corretta, pertanto piuttosto che non avere velocità è meglio una LEGGERA soprainvelatura. Per eseguire la power dovete planare a stecca. Niente velocità, niente power (deve diventare il vostro tantra!!).
 

PARTE 2: esercizi propedeutici

 Dal momento che come ho detto al punto 2 la power è una manovra che si esegue con la tavola e non con la vela, la prima cosa da fare è controllare la propria capacità di condurre la tavola in velocità.
Il primo esercizio in questo senso è semplice ma va ripetuto all’infinito fino ad acquisire una grande naturalezza e sensibilità. In planata piena, al trapezio, poggiate decisamente facendo pressione con la punta dei piedi e poi orzate facendo l’esatto contrario.
Attenzione: quando poggiate il movimento di spinta è fondamentale. Va eseguito in posizione BASSA (cioè non dritti in piedi come manici di scopa) sfruttando le ginocchia che devono essere molto piegate ed assecondare la poggiata spostando il baricentro del corpo all’interno della traiettoria. Poi orzate distendendo leggermente le gambe (senza raddrizzarle!!) e spostando il corpo all’indietro e fuori dalla tavola rispetto alla linea mezzana longitudinale della stessa.
Deve essere come un balletto: dentro piegando le ginocchia e il corpo, fuori distendendosi.
Alla fine dovete disegnare in velocità dei semicerchi con un movimento fluido e armonioso. Man mano che progredite, accentuate il movimento e stringete il raggio di curva. Ricordatevi che il tutto va eseguito assolutamente in planata piena. 
Il secondo esercizio, non meno importante del primo, consiste nell’imparare a sganciarsi dal trapezio. Cosa ridi tu là in fondo, ti ho visto!! Pensate di essere capaci di sganciarvi dal trapezio? Benissimo, fate questa prova. In planata piena, piedi nelle straps, sganciatevi e continuate la vostra traiettoria.
State ancora planando? Ho sentito qualche no, anche uno da là in fondo….
Chi ha detto si? Tu? Bravo, è già un passo avanti. Adesso continua a planare in assetto con i piedi nelle straps ma senza trapezio. Non riesci? E’ normale! Ma come pensate di entrare a palla in una strambata se appena sganciato il trapezio siete già fermi o quasi??
Il vostro secondo sforzo è proprio questo: dovete imparare a sganciarvi e riagganciarvi al trapezio in velocità senza scomporre tavola e rig e quindi senza perdere velocità e planata.
Un aiutino ve lo posso dare: il movimento di sgancio deve essere un po’ da lap-dance, cioè tirate leggermente a voi il boma verso il basso e contemporaneamente con un bel movimentino pelvico sollevate il gancio. Il tutto deve essere veloce e soprattutto deve interessare solo il busto, le gambe restano nella loro posizione di spinta in planata. La vela, stesso discorso: deve muoversi pochissimo, rimanere ben cazzata e in assetto. In pratica non dovreste quasi sentire differenza di assetto e velocità prima e dopo lo sgancio e il riaggancio.
Dopo esservi sganciati, continuate la planata senza trapezio per un lungo tratto e riagganciatevi.
L’obbiettivo finale è di sganciarvi e agganciarvi senza che né la tavola né la vela si accorgano di niente e di mantenere perfettamente velocità, direzione, assetto e planata anche senza trapezio.
 

PARTE 3: entrata 

L’entrata è la fase in assoluto più importante della manovra. Se avete preso confidenza con gli esercizi propedeutici, la cosa dovrebbe essere piuttosto semplice ed intuitiva.
Partite al lasco stretto (ho detto lasco stretto, non bolina larga, traverso lungo, poppa corta… è importante che la tavola sia già ben direzionata quando iniziate la manovra), allargate la presa sul boma arretrando parecchio la mano di poppa e avanzando un po’ meno quella di prua, sganciate il trapezio come spiegato sopra, togliete il piede posteriore dalla strap e spostatelo sul bordo sottovento circa a metà tra la strap anteriore e la posteriore. Questa "posizione" non ha una regola fissa, dipende molto dalle tavole, dalle abitudini personali e dalle condizioni, provate fino a scoprire la posizione che più vi aggrada.
Tutto quanto va eseguito partendo dal basso. Questo è fondamentale, dovete stare molto bassi in questa fase della manovra perché alzandovi non solo appesantirete la tavola ma facendo molta leva sarà facilissimo scomporre l’assetto.
Ricordatevi che la tavola in questa fase sta ancora correndo il più possibile, se vi accorgete che rallenta ritentate solo l’entrata finché non sarete in grado di trovarvi col trapezio sganciato, il piede posizionato sul bordo sottovento e la tavola che viaggia a manetta.
 

PARTE 4: traiettoria

 Questo è il momento più difficile e delicato. L’obbiettivo è far carvare la tavola usando non solo il piede posto sul bordo sottovento, come molti tentano di fare, ma l’intero blocco che sta sulla tavola, quindi corpo e vela.
Prima di tutto, mentalmente pensate di essere un pezzo unico con la vela: tenetela molto cazzata (per questo prima avete arretrato la mano di poppa), quasi "contro di voi", concentratevi per far si che il gomito della mano di prua sia alto pronto a far pressione. Poi il movimento: quello che dovete fare è spostare il succitato blocco corpo vela all’interno della traiettoria verso l’acqua, come se fosse una moto che entra in piega. Per aiutarvi, il piede sottovento fa pressione sul bordo e quello sopravento, rimasto nella sua strap, tira verso l’alto alzando il tallone. Attenzione però a non considerare questa fase una faccenda "di piedi", la cosa davvero importante è lo spostamento all’interno della curva. Dovete avere l’impressione di dover "posare" la vela sull’acqua sottovento inclinandovi in avanti con le ginocchia piegate. Giusto per rendere il tutto ancora più semplice, in teoria durante tale movimento dovreste guardare avanti e non la vostra vela che è molto bella e colorata ma l’avete già vista diverse volte…..
Qui l’altra cosa fondamentale è mantenere la vela ben cazzata con la mano di poppa, per due motivi: primo, così facendo man mano che la tavola disegna la curva avrete sempre meno pressione dalla vela. Secondo, la bugna pur inclinando la vela non finirà in acqua.
A questo punto il più è fatto, lasciate correre la tavola sul binario curvilineo che le avete creato facendo attenzione a star fermi senza arretrare o scomporre il nuovo assetto.
 

PARTE 5: rotazione 

Quando si fa ruotare la vela? Presto, più di quel che si pensi, soprattutto sulle nuove tavole corte e larghe. Non appena la tavola accenna il naturale rallentamento (ricordatevi che sta correndo per inerzia, perché la vela cazzata non tira più) è ora di ruotare.
Se le prime fasi della manovra sono state eseguite correttamente la rotazione è quasi naturale: rialzate vela e corpo, contemporaneamente sfilate il piede rimasto nella strap e ruotatelo portandolo sul nuovo bordo sopravento e poi fate girare la vela che a questo punto è verticale e può ruotare liberamente sull’asse dell’albero, aiutata dalla spinta che con la mano di bugna vorrete imprimere per accelerare la rotazione.
Il passaggio delle mani è un’altra faccenda molto personale: c’è chi preferisce il passaggio diretto boma/boma, chi preferisce impugnare l’albero e solo in un secondo momento il boma.
Due i punti fermi: prima di tutto, al momento della rotazione spostare la mano contro la maniglia del boma tenendola "morbida" in modo da evitare che la leva provocata sul polso dalla rotazione "strappi" la mano dal boma stesso. Secondo, una volta ruotata la vela cercare di riprenderla sulle nuove mura con la mano di bugna già piuttosto arretrata pronta a pompare o a contrastare il tiro.
Non appena avrete preso un minimo di confidenza con la manovra, completate l’opera eseguendola guardando sempre nella direzione di marcia e mai quel che state facendo: vi stupirete di quanto più fluida e precisa risulterà la traiettoria e la manovra in generale.
 

PARTE 6: uscita 

Una volta che la rotazione è completa, è il momento di terminare in gloria il vostro sforzo. Se la tavola sta ancora correndo, è sufficiente piegare le gambe, e riportarsi in assetto con straps e trapezio. Se al contrario, come spesso accade, la tavola accenna a fermarsi, non perdetevi d’animo e tenendola al lasco pompate con forza per mantenere o riprendere la planata.
Da evitare in questa fase il classico "rilassamento" da riuscita rotazione: ci piazza belli in piedi come soldatini come dire, "vai, ce l’ho fatta, non sono cascato!". La vela ha girato, la tavola pure ma siete lì belli fermi e la planata è un ricordo perché stando dritti e fermi la prua si affossa e la tavola straorza. La power per essere tale esige l’uscita in velocità e la otterrete soltanto impegnandovi a far planare la tavola a ogni costo anche in quest’ultima fase. Se dovete riprendere fiato, fatelo quando sarete di nuovo al trapezio in planata non a fine rotazione. 
RICAPITOLIAMO 
Veloci al lasco, allargare la presa sul boma, sganciare, dentro la traiettoria verso l’acqua vela cazzata piede spinge piede alza il tallone su la vela piede fuori dalla strap sull’altro bordo vela dritta mano attaccata alla maniglia ruoto piego le ginocchia pompo e via.
 Ricordatevi che non è facile e non riesce al primo ma neanche al secondo o al decimo tentativo. Provate e riprovate concentrandovi su ogni singola fase finché tutto funziona come un meccanismo perfetto. Nella strambata il timing è tutto, qualcosa è scritto sopra, il resto tocca a voi! 
Buon divertimento e buon vento!!!

Diagramma Fhoen

Basta col fai da te!

LikeafishArt

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